In omaggio ai 150 anni dell'Unità d'Italia

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mercoledì 27 febbraio 2013

Quando è possibile servirsi dell’istituto del co.co.pro nelle Organizzazioni Non Governative e nello Organizzazioni Non Lucrative di Utilità Sociale?


In merito all’applicabilità della forma contrattuale della collaborazione coordinata continuata a progetto ai collaboratori delle ONG/ONLUS e ad altre organizzazioni del Terzo Settore si riporta il contenuto della Circolare 7.2013 del Ministero del Lavoro.

Le Organizzazioni di cui innanzi operano prioritariamente per il raggiungimento di scopi sociali e umanitari (ad esempio  miglioramento dell’ambiente,  rispetto dei diritti umani,  incremento del benessere per le fasce di popolazione meno abbienti ecc.).
La finalità sociale di ciascuna organizzazione non governativa caratterizza evidentemente il suo oggetto e dunque l’attività svolta dagli appartenenti alla stessa, che operano attraverso forme di collaborazione gratuite ovvero mediante tipologie contrattuali di natura subordinata o autonoma.
Nell’ambito di tale attività è possibile individuare specifici progetti che, pur contribuendo al raggiungimento  dello scopo sociale, se ne distinguono per una puntuale declinazione di  elementi specializzanti che consentono anche l’attivazione di forme di collaborazione coordinata e continuativa riconducibili alla disciplina di cui agli artt. 61 e ss. del D.Lgs. n. 276/2003.
In sostanza,  ove  l’attività del collaboratore  sia  connotata da  elementi di  specificità puntualmente declinati nel progetto e finalizzati al raggiungimento di un autonomo risultato conseguito attraverso una attività che presenti margini di autodeterminazione del prestatore, appare possibile l’utilizzo della tipologia contrattuale in esame.
Più in particolare, la sussistenza di una genuina co.co.pro. è condizionata,  nei settori in esame, alla presenza dei seguenti elementi:
  • assoluta determinatezza dell’oggetto dell’attività inteso anche come parte integrante del più generale obiettivo perseguito dall’organizzazione;
  • circoscritta individuazione dell’arco temporale per l’espletamento dell’attività progettuale in funzione dello specifico risultato finale;
  • apprezzabili margini di autonomia anche di tipo operativo da parte del collaboratore, obiettivamente riconoscibili nelle modalità di svolgimento della prestazione stessa ossia per lo svolgimento di compiti non meramente esecutivi;
  • possibilità di obiettiva verifica circa il raggiungimento dei risultati attesi.
A titolo esemplificativo, l’attività del collaboratore svolta in ambito socio assistenziale non può rispondere a puntuali direttive o specifiche indicazioni operative da parte del committente che vanifichino ogni margine di  autonomia tecnica e metodologica nella scelta delle  prestazioni in funzione delle esigenze degli utenti beneficiari e delle finalità dell’intervento.
In ordine alle modalità concrete di svolgimento della prestazione è possibile rinvenire, infatti, margini di autonomia laddove i collaboratori concordino di volta in volta con il destinatario finale della prestazione  gli aspetti operativi afferenti alla tipologia di intervento, gli orari di assistenza nonché le concrete modalità di erogazione del servizio.

In definitiva, la natura autonoma del contratto oggetto di accertamento può essere riconosciuta a condizione che il collaboratore determini unilateralmente e discrezionalmente, senza necessità di preventiva autorizzazione e successiva giustificazione, la quantità di prestazione socio/assistenziale da eseguire e la collocazione temporale della stessa (cfr. Interpello n. 5/2010).  

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