In omaggio ai 150 anni dell'Unità d'Italia

In omaggio ai 150 anni dell'Unità d'Italia
L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al Popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. - Art. 1 della Costituzione della Repubblica Italiana

mercoledì 26 dicembre 2012

La Riforma Fornero e le Partite IVA


LE COLLABORAZIONI PROFESSIONALI

SINTESI DELLE NOVITA'
La legge 92/2012 si occupa anche dei liberi professionisti titolari di partita IVA, con l’evidente finalità di contrastare prassi di abuso nel ricorso a tale forma di collaborazione, la quale oggi troppo
spesso, in assenza della configurazione del collaboratore come un vero professionista, viene utilizzata – obbligando il collaboratore a “aprire la partita Iva” – per sottrarsi alla disciplina del lavoro subordinato ma anche, in qualche caso, per evitare l’applicazione della disciplina del contratto a progetto introdotta dal decreto legislativo 276 del 2003.
Il meccanismo adottato è ancora una volta quello di prevedere delle condizioni alle quali il rapporto contrattuale, formalizzato come mera collaborazione professionale, viene ricondotto per forza di legge nella fattispecie del contratto di collaborazione a progetto, con applicazione della relativa disciplina (artt. 61-69 D.Lgs. 276/2003 come modificati dalla L. 92/2012: ciò che potrà far poi scattare, a sua volta, i meccanismi sanzionatori di riconduzione della collaborazione a progetto alla fattispecie del lavoro subordinato).
La stessa legge precisa però che non possano essere considerati collaboratori coordinati e continuativi i professionisti iscritti agli albi professionali quando esercitano l’attività professionale loro propria (ad es. l’attività di patrocinio legale per un avvocato o l’attività giornalistica per un giornalista ecc.) e neppure quando l’attività di lavoro autonomo sia connotata da competenze teoriche o tecnico-pratiche di grado elevato e la persona abbia un reddito annuo minimo pari a quello che determina l’obbligo di pagamento dei contributi per gli artigiani e i commercianti.

SCHEDA DI APPROFONDIMENTO
L’art. 69 bis del D.Lgs. 276/2003, introdotto dalla L. 92/2012 (cfr. art. 1 commi 26 e 27 L. 92/2012), dispone che le prestazioni di lavoro rese da soggetti titolari di partita IVA, al ricorrere di determinate condizioni, non siano considerate collaborazioni professionali da lavoro autonomo, ma collaborazioni coordinate continuative, con conseguente applicazione di tutta la disciplina legale del lavoro a progetto, compreso il prelievo contributivo e la disciplina sanzionatoria in caso di contratto a progetto non conforme al modello legale.
Affinché si possa presumere che si tratti di collaborazione coordinata e continuativa anziché di lavoro autonomo libero professionale devono ricorrere almeno due delle tre condizioni seguenti:
1) che la collaborazione per uno stesso committente sia durata 8 mesi nell’arco di un anno solare;
2) che oltre l’80% del fatturato del collaboratore nell’arco di un anno solare derivi da uno stesso committente (la legge precisa tuttavia che questa regola vale anche se il corrispettivo è fatturato a più soggetti, purché riconducibili al medesimo centro d’imputazione di interessi);
3) che il collaboratore abbia la disponibilità di una postazione fissa presso il committente.
Quando sussistono almeno due di tali requisiti, dunque, il rapporto di collaborazione professionale deve essere riqualificato come rapporto di collaborazione a progetto e gli si applicherà la disciplina degli artt. 61 e ss. del D.Lgs. 276/2003. Ciò significa che anche per quel rapporto varrà l’obbligo di individuazione di uno specifico progetto: ove il contratto comunque stipulato tra le parti non lo preveda, e non ne individui il contenuto caratterizzante, il collaboratore potrà a quel punto far valere
la sanzione di cui all’art. 69 1° comma, e dunque l’accertamento in via presuntiva della natura subordinata del rapporto di lavoro. Va da sé, peraltro, che nel caso in cui il contratto di collaborazione professionale sia stato sottoscritto per mascherare un normale rapporto di lavoro, il collaboratore potrà anche far valere direttamente tale pretesa, agendo per far accertare la natura subordinata del rapporto sulla base di classici criteri e indici di accertamento della subordinazione. La legge prevede peraltro che la presunzione che si tratti di collaborazione coordinata e continuativa non operi in due ipotesi:
a) quando la prestazione di lavoro sia connotata da competenze teoriche di grado elevato acquisite attraverso significativi percorsi formativi ovvero da capacità tecnico-pratiche acquisite attraverso rilevanti esperienze di esercizio concreto dell’attività e la persona sia titolare di un reddito di lavoro autonomo parametrato al reddito minimo imponibile per il versamento dei contributi degli artigiani e commercianti (il riferimento normativo è all’art. 1, comma 3, della L. 233/1990) che per il 2012 è pari ad € 14.930,00 annui (cfr. circolare INPS n. 14 del 3.2.2012);
b) quando la prestazione di lavoro sia svolta nell’esercizio di attività professionali per le quali sia prevista l’iscrizione obbligatoria ad un ordine professionale o ad appositi registri, albi, ruoli o elenchi professionali. Dovrà essere un decreto del Ministero del lavoro, da emanarsi entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge e sentite le parti sociali, a precisare quali sono le attività professionali per le quali non opera la presunzione che si tratti di collaborazione coordinata e continuativa anche se la persona ha lavorato oltre 8 mesi per uno stesso committente dal quale ricava oltre l’80% del proprio fatturato.
La nuova disciplina delle collaborazioni professionali “convertite” in collaborazioni coordinate e continuative con applicazione delle regole sui contratti a progetto si applica per i rapporti di lavoro instaurati dopo l’entrata in vigore della legge; per quelli in corso alla data del 18.7.2012 le nuove disposizioni si applicano a partire dal 18.7.2013, cioè decorsi dodici mesi.

INDICAZIONI OPERATIVE
Come è noto, i liberi professionisti titolari di partita IVA, che svolgono per il committente una collaborazione professionale autonoma, sono esclusi dal processo del lavoro, appannaggio esclusivo
dei lavoratori subordinati e dei collaboratori coordinati e continuativi.
Grazie all’introduzione della norma di cui all’art. 69 bis del D.Lgs. 276/2003, anche i titolari di partita IVA potranno usufruire, al ricorrere di determinate condizioni, delle tutele previste dalla legge per il contratto a progetto e avere accesso al processo del lavoro. Finora i vertenzieri sono stati chiamati a smascherare le “false” consulenze attraverso un’istruttoria focalizzata soprattutto sulle modalità di esecuzione del rapporto perché mirata all’introduzione di un’azione giudiziaria di riconoscimento del lavoro subordinato. D’ora in poi dovranno esaminare i contratti di consulenza non solo al fine di verificare se ricorrono gli estremi per contestare la subordinazione ma anche al fine di verificare se ricorrono almeno due delle tre condizioni che fanno scattare la presunzione che si tratti di collaborazione coordinata e continuativa. Riteniamo inoltre, come si è detto, che nella stessa azione giudiziaria sia possibile mettere in discussione la collaborazione libero professionale prestata, allegando la presenza di due condizioni che fanno scattare la presunzione di collaborazione coordinata e continuativa e l’applicazione delle norme sul contratto a progetto e sostenendo che il rapporto deve considerarsi di lavoro subordinato quale sanzione per la mancanza di uno progetto specifico.

Fonte: Daniela Manassero

A proposito della L. 92/2012

Ultime segnalazioni relative alla Riforma del mercato del lavoro

Incentivi alle assunzioni

Collaborazioni a progetto

Mini ASPI

martedì 11 dicembre 2012

Oltre il PIL


Per la solidità di uno stato ci è stato insegnato essere necessario mantenere elevato il suo PIL (prodotto interno lordo). Gli osservatori economici, infatti, riferiscono che più è alto il PIL e più uno stato ha benessere. Altri osservatori, invece, asseriscono (ed io concordo con loro) che sarebbe ugualmente importante conoscere se uno stato tiene conto (e di conseguenza misura) la FIL (felicità interna lorda). L'indicatore della FIL misura il benessere dei cittadini, quindi, grazie a questo, uno stato può capire i problemi del paese e l'umore dei cittadini. Un esempio fondamentale dell'utilità a conoscere la proprio FIL è dato dal Bhutan, piccolo stato montuoso dell'Asia.

In occidente, in Italia, in particolare, la Fondazione Symbola e Unioncamere hanno ideato e promosso il Rapporto PIQ - Prodotto interno qualità. Il PIQ si propone come indicatore da affiancare al PIL, per misurare il posizionamento e, quindi, le performance del Paese, o di un settore di attività, rispetto al parametro della qualità, come valore aggiunto e ingrediente indispensabile per assicurare non solo il benessere attuale, ma anche quello delle generazioni future. 

Per approfondimenti:

venerdì 23 novembre 2012

Accordo siglato

Nel link che segue trovate l'ultimo aggiornamento legato alle Linee Programmatiche presentate dalle parti sociali lo scorso 16 novembre:
http://www.governo.it/Notizie/Palazzo%20Chigi/dettaglio.asp?d=69843
Ma a questo c'è chi dice no:
Camusso: sulla produttività s'è persa un'occasione
"L'intesa è coerente con la politica del Governo che scarica sui lavoratori i costi e le scelte per uscire dalla crisi. Si è persa un'occasione''. Il Segretario Generale della CGIL, Susanna Camusso, ha commentato così l'accordo sulla produttività durante una conferenza stampa convocata in corso d'Italia subito dopo l'incontro a palazzo Chigi http://www.cgil.it/dettagliodocumento.aspx?ID=20168

martedì 20 novembre 2012

LINEE PROGRAMMATICHE PER LA CRESCITA DELLA PRODUTTIVITA’ E DELLA COMPETITIVITA’ IN ITALIA


Il documento per la crescita e la produttività, che ha raggiunto oggi quota otto adesioni, viaggia sulla scia della promozione della contrattazione decentrata.

Il Governo e le parti sociali con l’Accordo Quadro sulla riforma degli assetti contrattuali del 22/01/2009 avevano già collegato il secondo livello di contrattazione all’incremento della produttività e della competitività, annunciando la “riduzione di tasse e contributi” (già previsti nella L. 247/07).

Il successivo Accordo Interconfederale del 28/06/2011, richiamando il ruolo del contratto collettivo nazionale di lavoro, conferma che l’obiettivo è quello di favorire lo sviluppo e la diffusione della contrattazione collettiva di secondo livello e introduce un preciso sistema di relazioni industriali.

Il legislatore del 2011 con il D.L. 138, convertito in L. 148/2011, all’at. 8, esalta questo tipo di contrattazione e lega i contratti di prossimità alla gestione della crisi, al rilancio dell’occupazione e all’organizzazione del lavoro; cercando di risolvere il problema dell’efficacia erga omnes dei contratti (che per il tramite del citato art. 8, prova però a destrutturate rispetto al classico piano gerarchico).*

In questa enunciazione cronologica non va dimenticato che il Governo tecnico, con la Riforma del Mercato del Lavoro del giugno 2012, ha collegato, in modo ancora più stretto, fra loro, lavoro e mercato, concependo un testo normativo che affida al mercato la gestione dei flussi occupazionali.

Le linee programmatiche presentate lo scorso 16 novembre, che sembrano ormai prevedere un nuovo accordo non sottoscritto dalla CGIL (annuncio di una nuova spaccatura del fonte sindacale?), si ricollegano a tutto il trascorso degli ultimi anni e prevedono:

-          l'affidamento alla contrattazione collettiva (leggasi di secondo livello, in quanto il punto 2 delle linee prevede una “chiara delegale” del CCNL al secondo livello di contrattazione) di una piena autonomia negoziale rispetto alle tematiche relative all'equivalenza delle mansioni, alla integrazione delle competenze, presupposto necessario per consentire l'introduzione di modelli organizzativi più adatti a cogliere e promuovere l'innovazione tecnologica e a professionalità necessarie alla crescita della produttività e della competitività aziendale;
-          la ridefinizione dei sistemi di orari e della loro distribuzione anche con modelli flessibili, in rapporto agli investimenti, all'innovazione tecnologica e alla fluttuazione dei mercati finalizzati al pieno utilizzo delle strutture produttive idoneo a raggiungere gli obiettivi di produttività convenuti;
-          l'affidamento alla contrattazione collettiva delle modalità attraverso cui rendere compatibile l’impiego di nuove tecnologie con la tutela dei diritti fondamentali dei lavoratori, per facilitare l'attivazione di strumenti informatici ordinari, indispensabili per lo svolgimento delle attività lavorative.  

Rimando gli approfondimenti ad una lettura approfondita del documento consultabile al link: http://www.uil.it/documents/Testo%20conclusivo%20produttivita.pdf




 *[Si richiama anche il problema all’efficacia dei contratti di diverso livello e di diverso ambito territoriale e le soluzioni proposte dalla giurisprudenza – Cfr. (Trib. Milano 9/9/2008, Est. Mariani, in Orient. della giur. del lav. 2008, 517) “La questione del concorso tra i diversi livelli contrattuali va risolta non secondo i principi della gerarchia e della specialità, propri delle fonti legislative, ma accertando quale sia l'effettiva volontà delle parti, da desumersi attraverso il coordinamento delle varie disposizioni della contrattazione collettiva, aventi tutti pari dignità e forza vincolante. Sicché anche i contratti aziendali possono derogare, anche in peius, ai contratti nazionali”. - (Cass. 26/5/2008 n. 13544, Pres. De Luca Est. Celentano, in Orient. giur. lav. 2009, 40) “Il contrasto fra contratti collettivi di diverso ambito territoriale (nazionale, regionale, provinciale, aziendale) deve essere risolto non già in base al criterio della gerarchia (che comporterebbe sempre la prevalenza della disciplina di livello superiore) né in base al criterio temporale (che comporterebbe sempre la prevalenza del contratto più recente e che è invece rilevante solo nell'ipotesi di successione di contratti nel medesimo livello), ma secondo il principio di autonomia e, reciprocamente, di competenza, alla stregua del collegamento funzionale che le associazioni sindacali pongono fra i vari gradi o livelli della struttura organizzativa e della corrispondente attività”.]