In merito all’applicabilità della
forma contrattuale della collaborazione coordinata continuata a progetto ai
collaboratori delle ONG/ONLUS e ad altre organizzazioni del Terzo Settore si
riporta il contenuto della Circolare 7.2013 del Ministero del Lavoro.
Le Organizzazioni di cui innanzi operano
prioritariamente per il raggiungimento di scopi sociali e umanitari (ad
esempio miglioramento
dell’ambiente, rispetto dei diritti
umani, incremento del benessere per le
fasce di popolazione meno abbienti ecc.).
La finalità sociale di ciascuna
organizzazione non governativa caratterizza evidentemente il suo oggetto e
dunque l’attività svolta dagli appartenenti alla stessa, che operano attraverso
forme di collaborazione gratuite ovvero mediante tipologie contrattuali di
natura subordinata o autonoma.
Nell’ambito di tale attività è
possibile individuare specifici progetti che, pur contribuendo al raggiungimento dello scopo sociale, se ne distinguono per
una puntuale declinazione di elementi specializzanti
che consentono anche l’attivazione di forme di collaborazione coordinata e continuativa
riconducibili alla disciplina di cui agli artt. 61 e ss. del D.Lgs. n.
276/2003.
In sostanza, ove
l’attività del collaboratore
sia connotata da elementi di
specificità puntualmente declinati nel progetto e finalizzati al
raggiungimento di un autonomo risultato conseguito attraverso una attività che
presenti margini di autodeterminazione del prestatore, appare possibile
l’utilizzo della tipologia contrattuale in esame.
Più in particolare, la
sussistenza di una genuina co.co.pro. è condizionata, nei settori in esame, alla presenza dei
seguenti elementi:
- assoluta determinatezza dell’oggetto dell’attività inteso anche come parte integrante del più generale obiettivo perseguito dall’organizzazione;
- circoscritta individuazione dell’arco temporale per l’espletamento dell’attività progettuale in funzione dello specifico risultato finale;
- apprezzabili margini di autonomia anche di tipo operativo da parte del collaboratore, obiettivamente riconoscibili nelle modalità di svolgimento della prestazione stessa ossia per lo svolgimento di compiti non meramente esecutivi;
- possibilità di obiettiva verifica circa il
raggiungimento dei risultati attesi.
A titolo esemplificativo,
l’attività del collaboratore svolta in ambito socio assistenziale non può
rispondere a puntuali direttive o specifiche indicazioni operative da parte del
committente che vanifichino ogni margine di
autonomia tecnica e metodologica nella scelta delle prestazioni in funzione delle esigenze degli
utenti beneficiari e delle finalità dell’intervento.
In ordine alle modalità concrete
di svolgimento della prestazione è possibile rinvenire, infatti, margini di
autonomia laddove i collaboratori concordino di volta in volta con il
destinatario finale della prestazione
gli aspetti operativi afferenti alla tipologia di intervento, gli orari
di assistenza nonché le concrete modalità di erogazione del servizio.
In definitiva, la natura autonoma
del contratto oggetto di accertamento può essere riconosciuta a condizione che
il collaboratore determini unilateralmente e discrezionalmente, senza necessità
di preventiva autorizzazione e successiva giustificazione, la quantità di
prestazione socio/assistenziale da eseguire e la collocazione temporale della
stessa (cfr. Interpello n. 5/2010).